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35. Penso che abbiate sempre avuto nella mente l'idea che esprimere un impulso o un movimento sia il migliore o forse l'unico modo per sbarazzarsene. È un'idea sbagliata. Se date via libera alla collera, prolungherete o incoraggerete il ripetersi della collera; non diminuirete e non vi sbarazzerete dell'abitudine. Il primo passo per indebolirne il potere, e in seguito liberarvene completamente, è di rifiutarne l'espressione, sia negli atti che nella parola. In seguito si può procedere, con molta probabilità di successo, a scacciarla dal pensiero e dal sentimento. È così per ogni altro movimento errato. Tutti questi moti vengono dal di fuori, dall'universale Natura inferiore o sono suggeriti o gettati su di voi da forze avverse, avverse al vostro progresso spirituale. Il metodo di accettarli come se fossero vostri è anche sbagliato; poiché, così facendo, ne aumentate il potere di ripetersi e d'impossessarsi di voi. Considerarli come vostri, dà loro il diritto di rimanere. Se invece li sentite come se non vi appartenessero, allora non avranno più alcun diritto, e la volontà potrà sviluppare un potere più grande per scacciarli. Dovete sempre avere e sentire come vostri la volontà, il potere di rifiutare ogni consenso ed ogni ammissione di un movimento sbagliato; o se penetra in voi, la forza di scacciarlo, senza esprimerlo. Naturalmente il miglior modo sarebbe di mantenere un maggior contatto con la Madre, con la sua Luce e Forza, e ricevere, accettare 162 e seguire unicamente ciò che viene da quella forza superiore. Lo Yoga non consiste nel dare libero corso agli istinti ed ai desideri naturali. Lo Yoga richiede dominio sulla natura, non sottomissione alla natura. L'unico modo per liberarsi da questi movimenti vitali è di fare costantemente ciò che egli stesso dice di fare quando deve affrontare forze invadenti: si deve essere sempre vigilanti, sempre coscienti in ogni momento, respingere sempre queste cose e, rifiutando di prendervi piacere, invocare la Madre e la Luce. Se ritornano con tenacia, non bisogna scoraggiarsi: non si può cambiare facilmente la natura; ci vuole molto tempo. Tuttavia, se si può mantenere in primo piano la coscienza psichica sarà molto più facile e vi saranno assai meno difficoltà nella trasformazione. Può farsi attraverso una costante aspirazione e abhyasa. È difficile per il comune cristiano essere d'un solo pezzo poiché l'insegnamento di Cristo è su di un piano completamente diverso dalla coscienza intellettuale e vitale di un uomo formato dall'educazione di una società europea; a quest'uomo, sia esso prete o pastore, non viene mai chiesto di mettere seriamente in pratica ciò che predica. Ma è in ogni caso difficile per la natura umana pensare, agire, sentire da un unico centro di vera fede, credenza o visione. L'Indiano medio considera la vita spirituale come la più elevata, venera il sannyasi, è commosso dal bhakta; ma se un membro della sua famiglia lascia il mondo per la vita spirituale, quante lacrime, quanti argomenti, rimostranze, lamenti! Peggio che se fosse morto di morte naturale. Non è la mancanza cosciente di sincerità mentale; discuteranno come dei pandit, ricorreranno agli shastra per provare che avete torto. È semplicemente incoscienza, mancanza di sincerità vitale, di cui non si rendono conto, che adopera come complice la mente che ragiona. Per questo insistiamo tanto sulla sincerità nello Yoga; ciò significa avere tutto l'essere coscientemente rivolto verso l'unica Verità, l'unico Divino. Ma per la natura umana è uno dei compiti più difficili; assai più difficile di un rigido ascetismo o di una fervente pietà. La religione stessa non dà questa completa e armoniosa sincerità; solamente possono darla l'essere psichico e l'aspirazione spirituale dell'anima. Uno scambio vitale umano non può essere di vero aiuto per la sadhana, è al contrario certo che la danneggia e 163 deforma, apportando delusione nella coscienza e orientando falsamente l'essere emotivo e la natura vitale. Se volete cambiarvi, dovete innanzitutto liberarvi risolutamente dei difetti del vostro essere vitale, perseverando fermamente, qualunque sia la difficoltà e per il tempo che sia necessario, invocando l'aiuto divino e costringendovi ad essere completamente sincero. Quanto ad essere capace o incapace, nessuno è interamente adatto per questo Yoga; lo si deve diventare con l'aspirazione, con l'abhyasa, con la sincerità e con la sommissione. Se siete sempre stato attirato dalla vita spirituale, era il vostro essere psichico che lo desiderava, ma il vostro vitale è sempre stato d'impaccio. Stabilite una sincera volontà nel vitale; non permettete ai desideri e alle esigenze personali, all'egoismo e alla falsità di mescolarsi nella vostra sadhana; allora soltanto il vitale in voi diventerà capace di seguire la sadhana. Se volete che il tentativo abbia successo, dovete diventare sempre più puro, più fermo e più persistente. Se praticate sinceramente, riceverete l'aiuto di cui abbisognate. Sono le passate abitudini del vitale che vi fanno ripetutamente uscire dalla vostra interiorizzazione; dovete persistere e fissare in voi l'abitudine opposta di vivere nel vostro essere interiore, che è il vostro vero essere, e guardare tutto da lì. Da lì riceverete il vero pensiero, la vera visione e la vera comprensione delle cose, del vostro essere e della vostra natura. Trovare sempre cose che servano a persuadere la mente e giustificare i desideri è l'abitudine del vitale; in tal caso le circostanze assumono generalmente la forma adatta per giustificarli sempre di più. Ciò che abbiamo in noi crea le circostanze intorno a noi. È invece importante che nel futuro assumiate un diverso atteggiamento interiore. Quando ciò sia possibile, il potere e la luce che scendono dall'alto rappresentano il miglior aiuto per la concentrazione nel cuore. Non cedete al tamas, più cederete e più sarà difficile sbarazzarsene. Il miglior mezzo per far ciò è il distacco, tenersi indietro. Separatevi dal desiderio, osservatelo, rifiutatevi di approvarlo e abbiate una quieta ma persistente volontà di farlo cessare, invocando nello stesso tempo la forza della Madre affinché 164 sciolga ed elimini la bramosia, i desideri, gli attaccamenti, l'oscurità o l'inerzia. Se lo farete sinceramente, con persistenza e nel modo giusto, alla fine trionferete, anche se ci vorrà molto tempo. Il rapporto fra Guru e discepolo è soltanto una delle tante relazioni che si possono avere con il Divino, ed in questo Yoga in cui l'aspirazione mira alla realizzazione supermentale, non si usa dargli questo nome; il Divino è piuttosto considerato come la Sorgente, il Sole vivente della Luce, della Conoscenza, della Coscienza e della realizzazione spirituale; tutto quello che uno riceve è sentito come proveniente di là e tutto l'essere viene rimodellato dalla Mano divina. È un rapporto più grande e più intimo di quello fra il Guru umano e il discepolo che, in fondo, non è altro che un limitato ideale mentale. Se tuttavia la mente necessita ancora questa più familiare concezione, essa può essere mantenuta finché ve ne sarà bisogno; soltanto, non lasciate che l'anima ne rimanga legata, non lasciate limitare il flusso di altri rapporti e di più larghe forme di esperienze con il Divino. I libri parlano spesso di rinuncia, dicono che si deve rinunciare alla proprietà, agli attaccamenti, ai desideri. Sono arrivato alla conclusione che finché si ha bisogno di rinunciare a qualcosa, non si batte il sentiero del nostro yoga. Si è pronti per la realizzazione supermentale quando si è completamente disgustati delle cose come esse sono e non si deve più far violenza a se stessi per disfarsene. Se le costruzioni del Sovramentale (il mondo che ha costruito e l'ordine attuale che lo sostiene) vi soddisfano ancora, non potete sperare di partecipare a questa realizzazione. Soltanto quando troverete il mondo disgustoso, insopportabile, inammissibile, sarete pronti per il cambiamento di coscienza. Per questo non concedo importanza all'idea della rinuncia. Rinunciare significa abbandonare ciò che si apprezza, che si deve gettare lungi da sé ciò che si crede valga la pena di essere conservato. Dovete sentire invece che il mondo è spaventoso, stupido, brutale e pieno di sofferenze intollerabili; una volta che il vostro modo di sentire sia orientato in tal senso, tutto il fisico, tutta la coscienza materiale che non accetta più tutto ciò e vuole un cambiamento, griderà: Voglio un'altra cosa, qualcosa di vero, di bello, pieno di delizia, di conoscenza e di coscienza . Qui tutto 165 galleggia su un mare di fosca incoscienza. Ma se risolutamente volete il Divino, impegnando tutta la vostra volontà, la vostra aspirazione e la vostra intensità. Esso verrà certamente. Non si tratta semplicemente di migliorare il mondo. Molti reclamano un cambiamento di governo, riforme sociali, opere di filantropia, immaginando che con ciò il mondo diverrà migliore. Noi vogliamo un mondo nuovo, un mondo vero, un'espressione della Coscienza- Verità. Verrà, dovrà venire, e quanto prima tanto meglio. Non bisogna tuttavia che sia unicamente una trasformazione soggettiva. L'intera vita fisica dev'essere trasformata. Il mondo materiale non si accontenta di un semplice cambiamento della nostra coscienza; ci dice in sostanza: Tu ti ritiri nella beatitudine, divieni luminoso, ottieni la conoscenza divina, ma tutto ciò non mi cambia; rimango sempre l'inferno che sono . Il vero cambiamento di coscienza è quello che trasformerà le condizioni fisiche del mondo e ne farà una creazione interamente nuova. C'è evidentemente una vocazione in voi che vi rende forse idoneo allo Yoga; ma vi sono diversi sentieri, ed ognuno di essi ha un diverso scopo e punto d'arrivo. È norma comune ad ogni sentiero di vincere i desideri, di evitare le comuni relazioni della vita e cercar di passare dall'incertezza all'eterna sicurezza. Si può anche cercare di conquistare sogni e sonno, sete e fame, ecc.. Ma non è proprio del mio Yoga non aver contatti con il mondo o con la vita, sopprimere i sensi o inibire interamente la loro azione. Lo scopo del mio Yoga è di trasformare la vita, facendo scendere in essa la Luce, il Potere, la Beatitudine della Verità divina con le sue dinamiche certezze. Non è uno Yoga che si rifugia in un ascetismo che sfugge il mondo, ma uno yoga per una vita divina. Il vostro obiettivo è invece raggiunto entrando nel samadhi e tagliando netto ogni contatto con l'esistenza nel mondo. In quanto al modo di meditare, di cui abbiamo parlato, l'aspirazione, la preghiera, la concentrazione, l'intensità ne sono parte naturale. Coloro che hanno adottato questo metodo vanno più in fretta e progrediscono nella loro sadhana molto più facilmente e con meno urti che mediante un disperato e ansioso sforzo pieno di depressioni, di dubbi, di ansie e reazioni, di scoraggiamento, che li allontana 166 dalla speranza e dallo sforzo. Abbiamo parlato di una costante apertura al Divino, di un flusso di forza che opera nell'adhara, di un'equilibrata apertura con mente tranquilla e di un cuore colmo di fiducia e una luminosa sicurezza; dove mi avete udito dire che il vostro programma dovrebbe essere un'attesa senza aiuto? Per quello che riguarda la leggerezza e la noncuranza, anche la più leggera indifferenza è l'ultima cosa che raccomanderei. La Madre parlò di gioia e, se usò la parola a cuor leggero , non fu certo nel senso di gaiezza leggera o frivola, benché una più profonda e fine gaiezza possa essere uno degli elementi caratteristici dello Yoga. Ciò che ha voluto dire era un'equanimità gioiosa anche di fronte alle difficoltà, e in ciò non vi è nulla che sia contrario all'insegnamento dello Yoga né a quello che Lei pratica. La natura vitale di superficie (le profondità del vero vitale sono diverse) è attaccata, da un lato, ad allegria e godimento superficiali e, dall'altro lato, a dispiaceri e disperazione, tristezza e tragedie, poiché sono queste le luci e le ombre della vita che preferisce; ma una chiara, ampia e libera pace, o un'intensità dell'anandamaya, o meglio ancora, la loro fusione, è nello yoga il vero punto d'equilibrio dell'anima e della mente, ed anche del vero vitale.
 

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