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29. Nuove luci sullo yoga Traduzione a cura di Marta 1. Meta e aspirazione Lo scopo dello yoga è aprire la coscienza al Divino, vivere sempre più profondamente nella coscienza interiore e mentre si agisce da lì sulla vita esteriore, portare in primo piano l'essere psichico più profondo, usando il suo potere per purificare e cambiare l'individuo sino a renderlo pronto per la trasformazione e unirlo alla Coscienza, alla Volontà e all'Amore divini. In un secondo tempo si cercherà di sviluppare la coscienza yoghica, ossia di universalizzare l'essere su tutti i piani, di divenire consapevoli dell'essere cosmico e delle forze cosmiche e di unirsi al Divino su tutti i piani sino a quello sovramentale. In terzo luogo, mediante la coscienza supermentale, si dovrà entrare in contatto col Divino trascendente, situato oltre il piano sovramentale, supermentalizzando la coscienza e la natura, facendo di sé lo strumento per la realizzazione della divina Verità dinamica e per la sua discesa che trasformerà la natura terrestre. Ignoro l'esistenza di qualcosa come una coscienza del Purushottama che possa essere raggiunta e realizzata dall'essere umano, per se stesso, in quanto, nella Gîta, il Purushottama è il Supremo Signore, il Supremo Essere, oltre il Mutevole e l'Immutabile che contiene contemporaneamente l'Uno e il Molteplice. L'uomo, dice la Gîta, può raggiungere la coscienza del Brahman, realizzare se stesso come un eterno frammento del Purushottama e vivere nel Purushottama. La coscienza del Purushottama è la coscienza dell'Essere Supremo e l'uomo, con la perdita dell'ego e la realizzazione della sua vera essenza, può vivere in essa. 1) Abbandono dell'egoismo includendovi ogni ambizione (ambizione spirituale compresa), ogni orgoglio, ogni desiderio, ogni vita, mente e volontà egocentriche. 2) Universalizzazione della coscienza. 3) Dono di sé assoluto al Divino trascendente. 136 Non esistono né regole né definizioni mentali. Si deve vivere dapprima nel Divino e raggiungere la Verità, la volontà e la coscienza della Verità organizzeranno la vita. Se si cerca laya o moksha, ci si immerge nel Brahman inattivo. Si può dimorare nel Divino personale senza fondersi in Lui. Il Divino supremo contiene in Sé l'esistenza del mondo, ed è nella Sua coscienza che questi si muove; perciò penetrando nel Supremo ci si eleva al di sopra dell'assoggettamento alla Natura senza perdere coscienza dell'esistenza del mondo. La Volontà divina nell'universo è per la progressiva manifestazione nell'universo stesso. Ma è una volontà generale, che ammette il ritiro delle anime individuali che non sono pronte a perseverare nel mondo. Non è l'immortalità del corpo, ma la coscienza dell'immortalità nel corpo che può venire con la discesa sovramentale nella Materia o anche nella mente fisica o con un tocco sulla coscienza della mente fisica da parte della Luce supermentale modificata. Queste sono aperture preliminari, ma non il compimento supermentale nella Materia. Se la Supermente è decretata, nulla potrà ostacolarla. Tutto si elabora qui attraverso un gioco di forze, e nulla avrà il potere d'impedirne la discesa, anche se un'atmosfera o condizioni sfavorevoli, possono ritardarne l'avvento. Anche quando una cosa è destinata, non si presenta come una certezza nella coscienza di quaggiù (sovramentale-mentale-vitale e fisica) fintanto che il gioco delle forze non sia stato elaborato fino al punto in cui la discesa non soltanto diviene inevitabile, ma appare inevitabile. Come conciliare: 1) Mediante il Sé libera il sé ecc. (Gîta, cap' Vi, 5). 2) Abbandona ogni dharma (Gîta, cap' Xviii, 66). Non vi è reale contraddizione; i due passaggi della Gîta indicano due differenti movimenti del suo Yoga; il completo dono di sé è il movimento che corona tutto. Si deve dapprima conquistare la natura più bassa e mediante il Sé superiore, che si eleva sino alla natura divina, liberare il sé involuto nei movimenti inferiori, offrendo allo stesso tempo tutte le azioni che si compiono, inclusa quella interiore dello Yoga, in sacrificio al Purushottama, il Divino trascendente ed immanente. 137 Quando ci si è elevati sino al Sé superiore e si ha la conoscenza e si è liberi, si può compiere la totale sommissione al Divino, abbandonando ogni altro dharma, vivendo unicamente attraverso la Coscienza divina, la Volontà e la Forza divine e il divino ananda. Il nostro Yoga non è identico allo yoga della Gîta, benché contenga tutto ciò che vi è di essenziale. Nel nostro Yoga, s'incomincia con l'idea, la volontà, l'aspirazione al completo dono di sé, ma nello stesso tempo, mediante il sé che s'innalza verso la libertà della natura superiore, si deve rifiutare la natura inferiore, liberare la coscienza, liberare il Sé impelagato in questa natura. Se questo doppio movimento non viene fatto, vi è il pericolo di fare una sommissione tamasica ed irreale, senza sforzo, però senza alcun progresso; oppure farne una rajasica non al Divino, ma a qualche idea formata da noi stessi o falsa immagine del Divino che nasconde il nostro ego rajasico, o qualcosa di peggiore. La realizzazione spirituale può effettuarsi su qualsiasi piano mediante il contatto col Divino (che è ovunque) o con la percezione del Sé interiore, che è puro e intoccato dai movimenti esterni. La Supermente è qualcosa di trascendente, una dinamica Verità- Coscienza che non è ancora qui e dev'essere fatta discendere dai piani superiori. Non è possibile avere adesso la diretta azione supermentale. L'adhara non è ancora pronto. Si deve accettare dapprima un'azione indiretta che prepari i piani inferiori al cambiamento supermentale. La coscienza che voi chiamate supermentale è senza dubbio al di sopra della mente umana, ma dovrebbe essere chiamata non supermentale, ma semplicemente coscienza superiore. In questa coscienza superiore vi sono vari gradi, dei quali la Supermente ne è la sommità, o l'origine. È impossibile raggiungere immediatamente tale sommità, od origine; bisogna che la coscienza inferiore sia dapprima purificata e preparata. Questo è il significato della Luce che avete visto, il cui corpo interiore o sostanza è troppo denso e potente per poter attualmente essere penetrato. Egli adopera con troppa facilità la parola supermente. Ciò che descrive come supermente è una coscienza altamente illuminata: una luce supermentale attenuata può toccarla, ma non il completo potere della Supermente, e, in ogni caso, non la Supermente. Egli parla 138 d'una parte supermentale che non è ricettiva, ciò non è possibile, poiché la Supermente non può non essere ricettiva. La Supermente è la stessa Verità-Coscienza che possiede già la Verità e non ha quindi bisogno di riceverla. La parola vijnana è qualche volta usata per designare l'Intelligenza superiore illuminata, in comunicazione con la Verità; e questo dev'essere ciò che lui ha sentito, ma non è la Supermente. Si può entrare nella Supermente soltanto alla fine completa della sadhana, quando tutte le difficoltà sono scomparse, e non vi sono più ostacoli sulla via della realizzazione. L'universo è certamente stato finora in apparenza, un duro e inutile gioco in cui i dadi del caso vengono gettati in favore dei Poteri dell'oscurità, dei Signori dell'ombra, della falsità, della sofferenza e della morte. Bisogna dunque prenderlo com'è e trovare, se si rifiuta la via d'uscita dei vecchi saggi, il cammino per trionfare. L'esperienza spirituale mostra che dietro a tutto ciò vi è un vasto terreno di equanimità, di pace, di calma, di libertà, ed è soltanto penetrandovi che si può avere l'occhio che vede, e la speranza di ottenere il potere che conquista. Tutto quello che è vera Verità è, in un modo o in un altro, la diretta espressione della Coscienza divina. La vita è l'espressione dinamica della Coscienza-Forza quando viene proiettata verso l'esterno per realizzare se stessa in una formazione di concreta armonia; l'Amore è un'intensa autoespressione d'anima dell'ananda, e la Luce è ciò che sempre accompagna la Coscienza supermentale ed il suo potere più essenziale. È il Potere supermentale che trasforma la mente, la vita e il corpo, non la coscienza di Satchidananda, che sostiene imparzialmente ogni cosa. Ma è l'esperienza di Satchidananda, pura esistenza-coscienza-beatitudine, che rende possibile (ad uno stadio ancor più lontano), l'ascesa alla Supermente e la sua discesa sulla terra. Per prima cosa, dobbiamo liberarci dell'abituale limitazione delle formazioni mentali, vitali e fisiche; questa liberazione ci verrà data dall'esperienza di pace, di calma, di purezza e di vastità di Satchidananda. La Supermente non ha nulla a che fare con il passare nelle vacuità . 139 È la Mente che raggiunge questi vuoti oltrepassando i suoi limiti e seguendo una via negativa e quietista. La Mente, essendo l'Ignoranza, deve annullare se stessa per entrare nella suprema Verità, o almeno, è ciò che crede. Ma la Supermente, essendo la Verità-Coscienza e divina Conoscenza, non ha bisogno di annullarsi per questo. La trasformazione supermentale è l'ultimo stadio della sîddhi, e non avverrà così presto; ma vi sono molti livelli tra la mente normale e la Supermente, ed è facile scambiare un'ascesa in uno di essi o una discesa della loro coscienza o influsso, per una trasformazione supermentale.
 

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