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25. In pari tempo, l'apertura del centro del cuore libera l'essere psichico, il quale comincia a renderci coscienti del Divino in noi e della Verità superiore al di sopra di noi. Il Sé spirituale supremo non è né dietro la nostra personalità né dietro la nostra esistenza corporea, ma al di sopra, e le supera totalmente. Il più elevato centro interiore è nella testa, il più profondo nel cuore; il centro che però si apre direttamente al Sé è al di sopra della testa, al di sopra del corpo fisico, in ciò che si chiama il corpo sottile, s–kshma sharîra. Questo Sé ha due aspetti e, quando si entra nella sua realtà, i risultati corrispondono a tali due aspetti. Uno è statico: è una condizione di pace, di libertà, di vasto silenzio; il Sé silenzioso non è turbato da alcuna azione o esperienza; le sostiene imparzialmente e non sembra generarle affatto, ma sembra mantenersi separato, distaccato o indifferente, udasîna. L'altro aspetto è dinamico: lo si percepisce come un Sé o Spirito cosmico, che non soltanto sostiene, ma genera e contiene tutta l'azione cosmica, non solo la parte dell'azione cosmica che concerne il nostro sé fisico, ma anche tutto ciò che è al di là: questo mondo e tutti gli altri mondi, i regni ultrafisici e le regioni fisiche dell'universo. Inoltre, si sente che il Sé è uno in tutto, ma anche al di sopra di tutto, trascendendo e oltrepassando ogni nascita individuale o ogni esistenza cosmica. Penetrare nel Sé universale, uno in tutto, significa liberarsi dell'ego; l'ego diventa una piccola circostanza 117 strumentale nella coscienza, oppure scompare completamente da essa. È l'estinzione o Nirvana dell'ego. Entrare nel Sé trascendente al di sopra di tutto, ci rende capaci di superare completamente la coscienza e l'azione cosmiche stesse; può essere la via della completa liberazione, fuori dall'esistenza nel mondo, chiamata anche estinzione, laya, moksha, Nirvana. Ma dobbiamo tener presente che l'apertura verso l'alto non conduce necessariamente soltanto alla pace, al silenzio, al Nirvana. Non soltanto il sadhaka prende coscienza di una pace, di un silenzio, di un'ampiezza immensi, e finalmente infiniti, al di sopra di lui, al di sopra della sua testa per così dire, che si estendono per tutto lo spazio fisico e ultrafisico, ma può divenire cosciente di molte altre cose: di una vasta Forza in cui c'è ogni potere; di una vasta Luce in cui è ogni conoscenza; di un vasto ananda in cui è ogni beatitudine e ogni estasi. All'inizio, queste esperienze appaiono essenziali, indeterminate, assolute e semplici, kevala; un Nirvana sembra possibile in uno qualsiasi di quegli stati. Ma possiamo pure arrivare a scorgere che questa Forza contiene tutte le forze, questa Luce tutte le luci, e questo ananda tutte le gioie e tutte le beatitudini possibili. E tutto ciò può scendere in noi. Ognuna di queste esperienze o tutte quante possono scendere in noi, non solo la pace. Però è più prudente far scendere dapprima una pace ed una calma assolute; le quali offrono maggior sicurezza alla discesa di tutto il resto. Diversamente potrebbe essere difficile alla natura esteriore contenere o sopportare tanta Forza, tanta Luce, tanta Conoscenza o tanto ananda. L'insieme di queste esperienze costituisce ciò che noi chiamiamo Coscienza spirituale superiore o Coscienza divina. L'apertura psichica attraverso il cuore ci mette essenzialmente in contatto con il Divino individuale, con il Divino nella sua intima relazione con noi, ed è soprattutto sorgente d'amore e di bhakti. L'apertura verso l'alto ci mette in contatto diretto con il Divino integrale e può creare in noi la Coscienza divina, una nuova nascita, o nuove nascite dello spirito. Quando la Pace è stabilita in noi, questa Forza superiore o divina che viene dall'alto può scendere per operare nel nostro essere. Solitamente, essa scende innanzitutto nel capo, liberando i centri della mente interiore, poi nel centro del cuore, liberando 118 completamente l'essere psichico ed emotivo, quindi nel centro ombelicale e negli altri centri vitali, liberando il vitale interiore, alla fine nel m–ladhara e al di sotto, liberando l'essere fisico interiore. Questa Forza divina lavora nel medesimo tempo per la perfezione e per la liberazione; essa s'impadronisce dell'intera natura, elemento dopo elemento, e agisce su di essa eliminando ciò che dev'essere eliminato, sublimando ciò che dev'essere sublimato e creando ciò che dev'essere creato. Essa integra, armonizza e stabilisce nella natura un nuovo ritmo. Può anche far scendere una forza sempre più alta e sempre più elevate distese della natura superiore sino a che diventi possibile, se questo è lo scopo della sadhana, di far scendere la forza e l'esistenza supermentali. Tutto questo è preparato, sostenuto, aiutato dal lavoro dell'essere psichico nel centro del cuore; più esso è aperto, preminente, attivo, più l'azione della Forza sarà veloce, sicura e facile. Più l'amore, la bhakti e la sommissione aumentano nel cuore, più l'evoluzione della sadhana diventerà rapida e perfetta. La discesa e la trasformazione implicano infatti, contemporaneamente, un contatto e un'unione crescente con il Divino. Questo è il principio fondamentale della sadhana. Apparirà chiaramente che le due cose più importanti qui sono l'apertura del centro del cuore e l'apertura dei centri della mente a tutto ciò che sta dietro o al di sopra di essi, perché il cuore si apre all'essere psichico e i centri della mente si aprono alla coscienza superiore, e l'unione dell'essere psichico e della coscienza superiore è il principale mezzo per ottenere la siddhi. La prima apertura si ottiene con una concentrazione nel cuore, un'invocazione al Divino perché si manifesti in noi e, attraverso lo psichico, prenda in mano tutta la nostra natura e la diriga. L'aspirazione, la preghiera, la bhakti, l'amore, la sommissione, sono i principali sostegni di questa parte della sadhana, accompagnati dal rifiuto di tutto ciò che ostacola il cammino di quello a cui aspiriamo. La seconda apertura si realizza con una concentrazione della coscienza nel capo (in seguito al di sopra del capo) e con un'aspirazione, un richiamo, una ferma volontà di far scendere nell'essere la Pace, il Potere, la Luce, la Conoscenza, la Beatitudine (ananda) divini, innanzi tutto la Pace o la Pace e la Forza insieme. 119 Infatti, qualcuno riceve prima la Luce o prima l'ananda o è bruscamente invaso dalla Conoscenza. Per certuni vi è da principio un'apertura che rivela al di sopra di loro un Silenzio, una Forza, una Luce o una Beatitudine vasti e infiniti, e, più tardi, essi si elevano sino a quelle altezze, oppure sono queste esperienze che cominciano a scendere nella natura inferiore. In altri vi è una discesa prima nel capo, poi al livello del cuore, poi al livello dell'ombelico e più in basso, e infine attraverso tutto il corpo oppure (senza alcuna sensazione di discesa) un'apertura inspiegabile alla pace, alla luce, alla vastità o al potere, oppure un'apertura orizzontale nella coscienza cosmica o un sorgere di conoscenza in una mente improvvisamente ampliata. Si deve fare buona accoglienza a tutto ciò che viene, poiché non vi è regola che sia applicabile a tutti, ma se prima non è venuta la pace bisogna fare attenzione a non gonfiarsi d'esaltazione e a non perdere l'equilibrio. In ogni caso, il principale movimento si produce quando la Forza o Shakti divina, ossia il potere della Madre, scende e assume la direzione, perché allora incomincia l'organizzazione della coscienza e la base dello yoga si amplia. Generalmente, il risultato della concentrazione non è immediato; benché in taluni vi sia un brusco e rapido sviluppo, la maggioranza passa invece attraverso un periodo d'adattamento o di preparazione più o meno lungo, soprattutto se la natura non è stata sino a un certo punto preparata dall'aspirazione e dalla tapasya. Il raggiungimento del risultato può certe volte essere facilitato associando la concentrazione ad uno dei metodi degli antichi yoga. Vi è il metodo advaita della via della conoscenza: si rifiuta l'identificazione del sé con la mente, col vitale e col corpo, ripetendosi continuamente: Io non sono la mente , Io non sono il vitale , Io non sono il corpo , considerando questi elementi come separati dal proprio vero sé; dopo un certo tempo, si sentono tutte le attività mentali, vitali e fisiche, sino al senso stesso della mente, del vitale e del corpo, esteriorizzarsi e diventare un'azione al di fuori di se stessi, mentre all'interno e distaccata da loro, si sviluppa la sensazione di un essere distinto e autonomo che si apre alla realizzazione dello spirito cosmico e trascendente. Vi è pure il metodo (molto potente) dei Sankhya , ossia la separazione del Purusha da Prakriti. Si impone alla mente la posizione di Testimone, 120 ogni azione della mente, del vitale e del fisico diventano un gioco esteriore che non è me stesso né mio, ma appartiene alla Natura ed è stato imposto a un io esteriore. Sono il Purusha testimone; sono silenzioso, sono distaccato e non sono legato da alcuna di queste cose. Di conseguenza, una divisione si produce nell'essere; il sadhaka sente crescere in sé una coscienza separata, calma e silenziosa, che si riconosce completamente distinta dal gioco superficiale della Natura mentale, vitale e fisica. Abitualmente, quando ciò si produce, è possibile far scendere molto rapidamente la pace della coscienza superiore, l'azione della Forza superiore e il completo Progresso dello Yoga.
 

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