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24. La purezza, una semplice sincerità e la capacità di darsi senza egoismo o confusione, senza pretese o esigenze, sono la condizione per la completa apertura dell'essere psichico. Inaridire il cuore non fa parte del nostro Yoga; le emozioni debbono invece essere rivolte verso il Divino. Vi possono essere brevi periodi durante i quali il cuore, in uno stato di quiete, si stacca dai sentimenti comuni in attesa dell'influsso dall'alto; ma non sono stati di aridità, sono stati di silenzio e di pace. Nel nostro Yoga, il cuore dovrebbe essere, in realtà, il centro principale della concentrazione, sino a quando la coscienza possa innalzarsi a un piano superiore. Ogni attaccamento è un ostacolo per la sadhana. Dovreste avere buona volontà verso tutti, bontà psichica per tutti, ma nessun attaccamento vitale. L'amore del sadhaka dev'essere per il Divino. Soltanto quando questo livello è stato raggiunto egli può amare gli altri nella giusta maniera. Non c'è nessuna ragione perché non si possa ricevere attraverso la mente pensante, nello stesso modo in cui si riceve attraverso il vitale, l'essere emotivo e il corpo. La mente pensante è tanto capace di ricevere quanto le altre parti e, dato che dev'essere trasformata come il resto, bisogna abituarla a ricevere, altrimenti nessuna trasformazione sarebbe possibile. L'attività comune non illuminata dell'intelletto ostacola l'esperienza spirituale; l'attività ordinaria non rigenerata del vitale, e 113 la coscienza oscura e stupidamente recalcitrante del corpo, ne sono anche un impedimento. Il sadhaka deve particolarmente tenersi in guardia contro due falsi funzionamenti dell'intelletto: innanzitutto non deve commettere l'errore di prendere le idee, le impressioni mentali o le conclusioni intellettuali per una realizzazione; in seguito, guardarsi dall'agitazione puramente mentale che turba la precisione spontanea dell'esperienza psichica e spirituale e non lascia posto alla discesa della vera conoscenza illuminatrice, oppure la deforma appena essa tocca il piano mentale umano o anche prima di toccarlo completamente. Vi sono, naturalmente, anche i vizi abituali dell'intelletto: la tendenza a dubitare in modo sterile invece di ricevere in piena luce e discriminare in tranquilla trasparenza; la sua arroganza nel voler giudicare cose fuori della sua portata, a lui sconosciute e per lui troppo profonde, secondo criteri ricavati dalla propria limitata esperienza; i suoi sforzi per spiegare l'ultrafisico mediante l'esperienza del piano fisico o la sua insistenza nel voler la prova delle cose superiori ed occulte secondo le norme della Materia e della mente nella Materia e molti altri difetti ancora, troppo numerosi per essere qui elencati. L'intelletto sostituisce sempre con le proprie rappresentazioni, costruzioni ed opinioni, la vera conoscenza, ma se si abbandona e si apre, tranquillo, ricettivo, non vi è nessuna ragione perché non diventi un mezzo efficacissimo per ricevere la Luce o un aiuto per avere l'esperienza degli stati spirituali e la pienezza d'un cambiamento interiore. Il turbinio dell'attività mentale (intellettuale) deve pure essere ridotto al silenzio insieme all'attività vitale del desiderio, affinché la calma e la pace possano essere complete. La Conoscenza deve venire dall'alto. In questa calma, le comuni attività mentali e vitali diventano movimenti di superficie, con i quali il sé interiore silenzioso non ha più contatti. È la necessaria liberazione perché la vera conoscenza e la vera attività della vita possano sostituire o trasformare le attività dell'Ignoranza. L'anima, o essere psichico, è in diretto contatto con la Verità divina, ma nell'uomo l'anima è velata dalla mente, dall'essere vitale e dalla natura fisica. Si può praticare lo yoga e ottenere certe illuminazioni nella mente e nella ragione; si può anche conquistare il potere e cimentarsi con ogni genere di esperienze nel vitale; si possono pure ottenere sorprendenti siddhi fisiche; ma se il vero 114 potere dell'anima profonda non si manifesta, se la natura psichica non passa in primo piano, nulla di autentico è stato compiuto. Nel nostro Yoga l'essere psichico è quello che apre il resto della natura alla vera luce supermentale, e, alla fine, all'ananda supremo. La mente può aprirsi spontaneamente alle proprie regioni superiori, può immobilizzarsi o ampliarsi nell'Impersonale, può anche spiritualizzarsi in una specie di liberazione statica o Nirvana; ma la Supermente non avrà una base sufficiente nella sola mente spiritualizzata. Se l'anima profonda è risvegliata, se vi è una nuova nascita e si passa dalla semplice coscienza mentale, vitale o fisica, alla coscienza psichica, allora soltanto si potrà praticare questo Yoga, altrimenti (con il solo potere della mente o di qualsiasi altra parte dell'essere) risulterà impossibile... Se si rifiuta la nuova nascita psichica, se si rifiuta di divenire un bambino, nuovo nato dalla Madre, per via dell'attaccamento alla conoscenza intellettuale o a idee mentali o a qualche desiderio vitale, la sadhana sarà un insuccesso. Ho detto che la via più decisiva perché la Pace o il Silenzio giungano, è una discesa dall'alto. Infatti, in realtà, anche se non sempre evidente, è così che scendono; non sempre evidente poiché il sadhaka non si rende necessariamente conto del processo, egli sente la pace stabilirsi in lui, o almeno manifestarsi, ma non è cosciente donde e come sia venuta. Tuttavia la verità è che tutto ciò che appartiene alla coscienza superiore viene dall'alto; non soltanto la pace e il silenzio spirituali, ma anche la Luce, il Potere, la Conoscenza, la visione e il pensiero superiori, e l'ananda vengono dall'alto. Fino a un certo punto è anche possibile che vengano dall'intimo, ma ciò avviene perché l'essere psichico è loro aperto direttamente, e perché è lì che scendono dapprincipio, rivelandosi poi attraverso di esso in tutto il resto dell'essere o anche perché l'essere psichico passa in primo piano. Una rivelazione interiore o una discesa dall'alto sono le vie sovrane della siddhi yoghica. Uno sforzo della mente superficiale esteriore, o dell'essere emotivo, una tapasya o un'altra, può sembrare che producano qualche realizzazione di questo genere, ma i risultati sono generalmente incerti e frammentari se si paragonano a quelli ottenuti seguendo le due vie radicali. Per questa ragione, nel nostro Yoga, insistiamo sempre sull'indispensabile condizione di un'-apertura , affinché la 115 sadhana porti i suoi frutti un'apertura della mente, del vitale e del fisico interiori verso l'intimo, verso la parte più profonda in noi, lo psichico, ed un'apertura verso l'alto, verso ciò che è al di sopra della mente. La ragione fondamentale è che questa piccola mente, questo piccolo vitale e questo piccolo corpo, che crediamo essere noi, non sono altro che un moto di superficie e non il nostro vero sé . Essi non rappresentano che una parte della personalità esteriore, messa in avanti per una breve esistenza, per il gioco dell'Ignoranza. Tale personalità è provvista di una mente ignorante che brancola alla ricerca di frammenti di verità, di un vitale ignorante che si precipita qua e là alla ricerca di frammenti di piacere, di un fisico oscuro, essenzialmente subcosciente, che riceve l'urto degli oggetti e ne subisce, più che dominare, il dolore o il piacere che ne risultano. Tutto ciò viene accettato finché la mente non se ne disgusti e si metta in cerca della reale Verità di se stessa e delle cose; fino a quando il vitale non ne ha abbastanza e comincia a chiedersi se non esista qualcosa che sia vera beatitudine, e fino a quando il fisico non si stanca e non vuol essere liberato da se stesso, dai suoi dolori e dai suoi piaceri. Allora diventa possibile per l'ignorante particella di personalità il ritorno al suo vero Sé e, nello stesso tempo, a realizzazioni più vaste oppure all'estinzione del sé nel Nirvana. Il vero Sé non si trova da nessuna parte in superficie, ma profondamente nell'intimo del nostro essere, e in alto. Interiormente, l'anima sostiene la mente, il vitale ed il fisico interiori, i quali hanno una capacità di estensione universale che può apportarci ciò che ci necessita ora: un contatto diretto con la verità di noi stessi e delle cose, un sapore di beatitudine universale, una liberazione dalla nostra piccolezza sempre prigioniera e dalle sofferenze del rozzo corpo fisico. Persino in Occidente è oggi assai frequente ammettere l'esistenza di qualcosa dietro la superficie; ma ci si sbaglia sulla natura di questo qualcosa e lo si chiama subcosciente o subliminale quando in realtà è a suo modo molto cosciente e non è subliminale, ma soltanto velato. Secondo la nostra psicologia, questo essere interiore è unito alla piccola personalità esterna da certi centri di coscienza (Chakra), che possiamo scoprire con lo Yoga. Soltanto una piccola parte dell'essere interiore filtra da quei centri e passa nella vita esteriore; 116 quel poco è la parte migliore di noi stessi, e ad essa dobbiamo l'arte, la poesia, la filosofia, i nostri ideali, le nostre aspirazioni religiose, i nostri sforzi verso la conoscenza e la perfezione. Ma la maggior parte di questi centri interiori sono chiusi o addormentati; aprirli, risvegliarli e renderli attivi è uno degli scopi dello yoga. Man mano che si aprono, i poteri e le possibilità dell'essere interiore si animano; ci apriamo dapprima a una coscienza più vasta, quindi a una coscienza cosmica; non siamo più delle piccole personalità separate, con una vita limitata, diventiamo i centri di un'azione universale in diretto contatto con le forze cosmiche. Inoltre, invece di essere, involontariamente, il gioco di quelle forze, come lo è la persona di superficie possiamo sino a un certo limite divenire coscienti e padroni dell'azione della natura, questo limite dipende dallo sviluppo dell'essere interiore e dalla sua apertura verso l'alto, ai livelli spirituali superiori.
 

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