8.

8. Staccandovi e dissociandovi in tal modo, potrete più facilmente scoprire e vivere sempre più in quella parte di voi, il vostro essere interiore o psichico, che questi moti non possono né attaccare né turbare perché le sono estranei; essa rifiuta loro automaticamente ogni consenso e si sente sempre rivolta verso le Forze divine e le regioni superiori di coscienza, ed è in contatto con esse. Trovate questa parte del vostro essere e vivete in essa. Essere capaci di farlo è il vero fondamento dello yoga. Mantenendovi così separato, vi riuscirà ancora più facile scoprire in voi, dietro il conflitto di superficie, un tranquillo equilibrio che vi permetterà di invocare più efficacemente l'aiuto liberatore. La divina presenza, la calma, la pace, la purezza, la forza, la luce, la gioia e l'ampiezza sono sopra di voi, pronte a scendere nel vostro essere. Trovate la quiete che sta dietro e anche la vostra mente si tranquillizzerà. Con la mente tranquilla potrete invocare e far scendere, prima la purezza e la pace, poi la Forza divina. Quando 44 sentirete la purezza e la pace entrare in voi, potrete farle scendere ancora e ancora, finché incomincino a stabilirsi in voi; sentirete anche la Forza agire per cambiare gli impulsi e trasformare la coscienza. In questa azione sentirete la presenza e il Potere della Madre. Dopo di che, per tutto il resto, sarà questione di tempo e di sviluppo progressivo della vostra vera natura divina. La presenza d'imperfezioni anche gravi e numerose, non potrà costituire un impedimento permanente al progresso nello yoga (non parlo di ritrovare l'apertura anteriore perché, secondo la mia esperienza, ciò che viene dopo un periodo d'ostruzione e di lotta, è generalmente un'apertura nuova e più ampia, una più vasta coscienza e un notevole progresso su ciò che si era conquistato anteriormente e che, per un certo tempo, sembrava in apparenza perduto). Il solo ostacolo che potrebbe essere durevole, ma che non lo è necessariamente, perché anch'esso può essere superato,, è l'insincerità, ed in voi non ne esiste traccia. Se l'imperfezione fosse un ostacolo, nessuno potrebbe riuscire nello yoga, perché tutti sono imperfetti e, per quel che ho visto, non sono certo se i più dotati per lo yoga non siano proprio quelli che hanno o hanno avuto le più grandi imperfezioni. Suppongo che conosciate il commento di Socrate sulla propria natura. Molti grandi yogi potrebbero dire altrettanto della loro natura umana iniziale. Nello yoga, l'unica cosa che conta veramente è la sincerità e, con essa, la pazienza di perseverare sul cammino intrapreso. Molti, anche senza questa pazienza, giungono ugualmente alla meta perché, nonostante la ribellione, l'impazienza, la depressione, lo scoraggiamento, la stanchezza, la temporanea perdita di fede, una forza più grande del loro essere esteriore, la forza dello Spirito, il bisogno dell'anima, li spinge attraverso le tenebre verso la meta che si sono prefissi. Le imperfezioni possono essere scogli che causano brutte cadute temporanee, ma non un ostacolo permanente. I periodi di oscurità che provengono dalla resistenza della natura possono produrre cause più serie di ritardo, ma anch'essi sono momentanei. La durata del periodo d'oscurità non è una ragione sufficiente perché perdiate fiducia nelle vostre capacità e nel vostro destino spirituale. Credo che l'alternarsi di periodi oscuri a periodi luminosi rappresenti un'esperienza comune a quasi tutti gli yogi, tranne 45 rarissime eccezioni. Se si cercano i motivi di questo fenomeno, così sgradevole per la nostra impaziente natura, se ne troveranno, penso, due principali. Il primo è rappresentato dalla coscienza umana che non può sopportare una continua discesa di Luce, di Potere e d'ananda, oppure non può riceverli e assimilarli nel medesimo tempo; essa ha bisogno di un periodo d'assimilazione, che però prosegue dietro il velo della coscienza di superficie; l'esperienza o la realizzazione che sono scese, si ritirano dietro il velo lasciando in riposo la coscienza esteriore e superficiale, per prepararla a una nuova discesa. Negli stadi più avanzati dello yoga, questi periodi oscuri e incolori divengono più brevi, meno penosi, e sono alleviati dalla sensazione di una coscienza più grande che, sebbene non operi per un progresso immediato, è tuttavia presente per sostenere la natura esteriore. La seconda causa è una resistenza, un qualcosa nella natura umana che non ha sentito la precedente discesa, che non è pronto e che forse non vuol cambiare, che, apertamente o nascostamente, fa sorgere gli ostacoli. Spesso è una forte formazione di un'abitudine mentale o vitale, oppure una momentanea inerzia della coscienza fisica, ma non esattamente una parte della natura. Se si riuscisse a scoprirla, a riconoscerla, a vederne il funzionamento e ad invocare il Potere per farla scomparire, i periodi d'oscurità potrebbero essere notevolmente abbreviati e la loro intensità diminuita. In ogni caso, il Potere divino continua velatamente il suo lavoro e un giorno, forse nel momento in cui meno ce lo aspettiamo, l'ostacolo viene abbattuto, le nubi si dissolvono e torna a splendere il sole. Il migliore atteggiamento in queste circostanze, se si riesce a prenderlo, è di non tormentarsi, di non scoraggiarsi, ma di perseverare tranquillamente e di mantenersi il più possibile aperti alla Luce, aspettando con fede la sua venuta. Ho notato che, in tal modo, la durata della prova viene abbreviata. Dopo, quando l'ostacolo è scomparso, ci si accorge che si è compiuto un grande progresso e che la coscienza ha notevolmente accresciuto la sua capacità di ricevere e di ritenere. Le prove e le tribolazioni della vita spirituale ricevono sempre la loro ricompensa. È vero che non si può riconoscere il Potere divino e armonizzare con esso la propria natura senza riconoscere contemporaneamente i difetti di questa; tuttavia è un atteggiamento 46 sbagliato quello di insistere troppo sulle difficoltà che essi creano e di non aver fiducia nell'azione divina, o di attribuire troppa importanza al lato oscuro delle cose. Comportandovi così, aumentate la forza delle difficoltà e date alle imperfezioni una maggiore ragione di persistere. Non pretendo un ottimismo alla Coué (2), sebbene un eccessivo ottimismo aiuti più di un eccessivo pessimismo; il metodo Coué tende a nascondere le difficoltà, occorre invece avere una certa misura in tutto. Ma nel vostro caso l'errore non consiste nel nascondere le vostre difficoltà e nell'illudervi con una prospettiva troppo brillante; al contrario, insistete troppo sui lati oscuri e, così facendo, ne aumentate l'oscurità e vi Ostruite le porte d'uscita verso la Luce. Fede, sempre più fede! Fede nelle vostre possibilità, fede nel Potere operante dietro il velo, fede nell'opera che si deve compiere e nella guida che vi è stata offerta. Non c'è nessun grande tentativo (meno che mai nel dominio spirituale) che non incontri o non sollevi gravi ostacoli, molto difficili da rimuovere. Ostacoli interni ed esterni, essenzialmente simili per tutti, ma estremamente variabili nell'intensità relativa e nell'aspetto esteriore. La sola vera difficoltà è accordare la natura con l'azione della Luce e del Potere divini. Questa difficoltà, una volta risolta, fa scomparire le altre o le rende subordinate; anche quelle di carattere più generale, più duraturo, perché inerenti al lavoro di trasformazione, non peseranno più tanto, perché si avvertirà il sostegno della Forza e un più grande potere per seguirne il movimento. L'oblio completo dell'esperienza mostra semplicemente che non è stato ancora stabilito un ponte adeguato tra la coscienza interiore, che ha l'esperienza in una specie di samadhi, e la coscienza esteriore 2 émile Coué (1857-1926), psicoterapista francese, la cui formula “Ogni giorno e in ogni modo sto sempre meglio” è alla base del principio della sua terapia. Questa proclama che, contrapponendo il potere dell'immaginazione a quello della volontà, mediante l'autosuggestione, si possono eliminare le idee che tendono a causare disturbi e malattie. Egli affermava soprattutto di non essere un guaritore, ma solo uno che insegnava agli altri come guarirsi. (N'd'T'). 47 di veglia. Quando la coscienza superiore avrà stabilito un ponte tra di loro, anche la coscienza esteriore incomincerà a ricordarsene. Questi ondeggiamenti, nella forza dell'aspirazione e nel potere della sadhana, sono inevitabili e comuni ad ogni sadhaka, finché tutto l'essere non sia pronto per la trasformazione. Quando lo psichico è in primo piano o attivo e la mente e il vitale consenzienti, c'è l'intensità. Quando lo psichico è velato e il vitale inferiore abbandonato ai moti usuali o la mente alla sua azione ignorante, allora, a meno che il sadhaka non sia estremamente vigile, le forze avverse possono entrare in lui. L'inerzia proviene, di solito, dalla coscienza fisica normale, soprattutto quando il vitale non aiuta attivamente la sadhana. L'unico modo per guarire queste cose è far scendere in modo duraturo la coscienza spirituale superiore in ogni parte dell'essere. A tutti succede di avere occasionali cadute di coscienza. Le cause sono diverse: un contatto esterno, qualcosa che non è ancora o non abbastanza cambiato nel vitale, soprattutto nel vitale inferiore; un'inerzia e un'oscurità che sale dalle parti fisiche della natura. Rimanete tranquilli quando ciò accade; apritevi alla Madre e richiamate la vera condizione; aspirate a un discernimento chiaro e tranquillo che vi mostri dall'intimo la causa di ciò che dev'essere rettificato. Tra due movimenti vi sono sempre pause di preparazione o d'assimilazione. Non bisogna considerarle spiacevoli interruzioni della sadhana e lasciarsi vincere dal malumore e dall'impazienza.
 

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