5.

5. Mantenetevi aperto, tutto il resto verrà compiuto per voi. Quasi nessuno è abbastanza forte da superare senza aiuto, mediante la sola aspirazione e volontà, le forze della natura inferiore. Coloro che lo possono, ottengono solamente un certo controllo, non la padronanza completa. La volontà e l'aspirazione sono necessarie per far scendere l'aiuto della Forza divina e mantenere l'essere dalla sua parte, mentre agisce sulle forze inferiori. Solo la Forza divina, esaudendo la volontà spirituale e l'aspirazione psichica del cuore, può rendere effettiva la conquista. Tutto ciò che si fa sotto la direzione della mente è sempre difficile, quando il tentativo contrasta con la tendenza della natura umana o della natura personale. Una volontà forte, diretta con pazienza e perseveranza sul proprio oggetto, può creare un cambiamento, ma di solito occorre molto tempo e il successo può essere inizialmente solo parziale, e disseminato di molti fallimenti. Non è possibile, col solo potere del pensiero, trasformare automaticamente ogni azione in atto di adorazione; occorre avere nel cuore un'aspirazione intensa, da cui scaturisca una certa percezione o sentimento della presenza di Colui al quale l'adorazione è offerta. Il bhakta non si affida solamente al suo sforzo, ma alla grazia e al potere del Divino che adora. Avete sempre fatto troppo affidamento sull'azione della vostra mente e della vostra volontà; per questo non potete progredire. Se riusciste a prendere l'abitudine di affidarvi silenziosamente al potere 31 della Madre, non solamente d'invocarla per sostenere il vostro sforzo, l'ostacolo diminuirebbe fino a sparire. Ogni sincera aspirazione produce il suo effetto, siate sinceri e progredirete nella vita divina. La completa sincerità richiede che si desideri solamente la Verità divina, che ci si sottometta sempre di più alla Madre divina, che ogni esigenza personale ed ogni desiderio che non siano quest'unica aspirazione vengano scacciati, che si offra al Divino ogni azione della vita e la si compia come un lavoro che ci è stato affidato, senza alcuna intromissione dell'ego. Tale è la base della vita divina. Non si può divenire così all'improvviso; ma se si aspira incessantemente e si invoca sempre l'aiuto della Shakti divina con cuore sincero e retta volontà, si è sicuri di crescere sempre di più verso questa coscienza. Una completa sommissione è impossibile in così breve tempo, perché ciò implicherebbe che il nodo dell'ego sia stato sciolto in tutte le sue parti, e l'essere offerto integro e libero al Divino. La mente, il vitale e la coscienza fisica (come pure ciascuna delle loro parti e dei loro impulsi) devono sottomettersi l'uno dopo l'altro separatamente, abbandonando il loro modo di essere ed accettando quello del Divino. Si può prendere fin dall'inizio una risoluzione centrale di consacrazione ed applicarla ad ogni passo e in tutti i modi possibili, approfittando di ogni occasione per completare il dono di sé. La sommissione in una direzione rende le altre più facili, e maggiormente inevitabili; ma di per sé non è sufficiente né a tagliare né a sciogliere gli altri nodi, soprattutto quelli che sono più intimamente legati alla presente personalità e alle sue formazioni più attraenti, le quali oppongono spesso grandi difficoltà, anche quando la volontà centrale si sia definita e siano stati posti praticamente i primi suggelli alla sua determinazione. Chiedete come riparare il torto che vi sembra d'aver fatto. Ammettendo che le cose stiano come voi dite, mi sembra che possiate riparare divenendo il ricettacolo della Verità e dell'Amore divini. I primi passi in questo senso sono una consacrazione ed una purificazione completa, una totale apertura di sé al Divino e il rigetto di tutto ciò che, dentro di noi, può sbarrare la via a questo compimento. 32 Non esiste nel cammino spirituale altro modo altrettanto efficace di riparare una colpa, qualunque essa sia. All'inizio, non si deve chiedere altro frutto o risultato che la crescita e il cambiamento interiori, altrimenti ci si espone a spiacevoli disillusioni. Solo quando si è liberi si possono liberare gli altri, e nello yoga la conquista esteriore nasce dalla vittoria interiore. Non è possibile abbandonare immediatamente lo sforzo personale, neppure è sempre desiderabile, lo sforzo personale è preferibile all'inerzia tamasica. Esso, però, dev'essere progressivamente trasformato in un'azione della Forza divina. Se siete consapevoli della Forza divina, chiamatela con sempre maggior insistenza a dirigere il vostro sforzo, ad assumerne il peso e a trasformarlo in qualcosa che non appartenga più a voi, ma alla Madre. Avverrà una specie di trasferimento, una presa in mano delle forze che operano nell'adhar personale, un trasferimento che non sarà immediato, ma progressivo. Ma l'equilibrio psichico è necessario: si deve coltivare il discernimento che vede esattamente ciò che viene dalla Forza divina, ciò che viene dallo sforzo personale e ciò che s'insinua come una mescolanza delle forze cosmiche inferiori. E fino a che il passaggio non sia completo, il che richiede sempre del tempo, è necessario il contributo del costante consenso personale alla vera Forza e il continuo rifiuto ad ogni mescolanza inferiore. Per ora, abbandonare lo sforzo personale non è la cosa più indicata; invocate invece sempre più intensamente il Potere divino per governare e guidare il tentativo personale. Nei primi stadi della sadhana, non è consigliabile lasciare tutto al Divino o aspettarsi tutto da Lui senza che intervenga lo sforzo personale. È possibile solamente quando l'essere psichico è in primo piano e influisce su tutta l'azione (anche allora sono necessari vigilanza e consenso continui), oppure più tardi, agli ultimi stadi dello yoga, quando una forza supermentale diretta, o quasi, s'impadronisce della coscienza; quest'ultimo stadio è però ancora molto lontano. In altre condizioni si rischia di andare verso il ristagno e l'inerzia. Solo le parti più meccaniche dell'essere possono dire veramente d'essere impotenti, soprattutto la coscienza fisica (materiale) che, 33 inerte per natura, può essere mossa dalla mente, dal vitale o da forze superiori. Ma ognuno ha sempre il potere di mettere al servizio del Divino la volontà mentale o lo slancio vitale. Non si può contare su di un risultato immediato, perché l'ostruzione della Natura inferiore o la pressione delle forze avverse riescono spesso a contrastare per un certo periodo, talvolta lungo, il cambiamento necessario. Occorre allora perseverare, mantenere sempre la propria volontà dalla parte del Divino, respingere ciò che dev'essere respinto, aprirsi alla vera Luce e alla vera Forza, invocarne la discesa con tranquillità e costanza, senza stancarsi, senza deprimersi né spazientirsi, fino a che si senta la Forza divina all'opera e gli ostacoli cedere gradualmente. Dite di essere consapevole della vostra ignoranza e della vostra oscurità. Se è solo una consapevolezza generica non basta, ma se ne siete cosciente nei particolari, nella loro azione effettiva, è sufficiente per cominciare: dovete risolutamente gettare lungi da voi i falsi movimenti di cui siete cosciente e fare della vostra mente e del vostro vitale un campo chiaro e tranquillo per l'azione della Forza divina. È sempre difficile frenare i movimenti meccanici mediante la volontà mentale perché essi non dipendono in nulla dal mondo della ragione o da qualche giustificazione mentale, ma si fondano su associazioni, o semplicemente su di una memoria ed un'abitudine meccanica. La pratica del rifiuto finisce col trionfare; ma col solo sforzo personale può richiedere molto tempo. Se riuscite a sentire il Potere divino che opera in voi, tutto diverrà più facile. Non dev'esserci nulla d'inerte o di tamasico nel dono di sé alla Guida: nessuna parte del vitale deve servirsene come pretesto per non rifiutare le suggestioni degli impulsi e dei desideri inferiori. Esistono due possibilità per praticare lo yoga. L'una mediante l'azione di una mente e di un vitale vigilanti che vedono, osservano, pensano e decidono ciò che si deve o non si deve fare. Beninteso, quest'azione s'appoggia sulla Forza divina, che attira ed invoca, perché diversamente non si potrebbe fare molto. Però predomina sempre lo sforzo personale che si addossa la maggior parte del peso. 34 L'altra possibilità è quella dell'essere psichico: la coscienza si apre al Divino che, non solo apre l'essere psichico e lo porta in primo piano, bensì anche la mente, il vitale e il fisico; l'essere psichico riceve la Luce, sa ciò che deve essere fatto e sente e vede che tutto è opera della stessa Forza divina, pur aiutando costantemente la sua azione col proprio consenso ed il proprio richiamo vigili e coscienti. Di solito, questi due modi si mescolano finché la coscienza non è pronta ad aprirsi e ad accettare completamente il Divino come sorgente di tutti i suoi atti. Allora finisce ogni responsabilità ed ogni fardello personale cade dalle spalle del sadhaka. Poco importa che sia mediante tapasya (Disciplina, sforzo ascetico) o sommissione, l'unica cosa veramente importante è quella di essere fermamente rivolti verso lo scopo. Una volta posto il piede sul cammino, come si può indietreggiare per ricadere in una coscienza inferiore? Se si rimane saldi, le cadute non hanno importanza; ci si rialza e si va avanti. Per colui che è ben deciso a raggiungere il fine, non possono esserci sconfitte definitive sulla via che conduce al Divino. E se c'è qualcosa in voi che spinge in avanti, e penso sia il vostro caso, i vacillamenti, le cadute e i fallimenti della fede non contano. Si deve perseverare finché il conflitto sia passato e la strada vi si apra davanti, diritta, libera e senza spine.
 

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