3.

3. Non permettete, inoltre, alla vostra mente di formarsi impressioni affrettate basate soltanto su qualche esperienza esteriore, né al vostro vitale di agire di conseguenza. Esiste un luogo, nell'essere interiore, in cui è possibile rimanere sempre calmi e di là guardare con equilibrio e discernimento le agitazioni della coscienza di superficie, agendo su di essa per cambiarla. Se potrete imparare a vivere nella calma dell'essere interiore, avrete trovato una solida base. Non lasciatevi scuotere né turbare da queste cose. In ogni occasione rimanete fermi nella vostra aspirazione verso il Divino ed affrontate con equanimità e distacco tutte le difficoltà e tutte le opposizioni. Per coloro che intendono condurre la vita spirituale, il Divino deve sempre occupare il primo posto: tutto il resto deve essere secondario. Rimanete distaccati e guardate le cose con la calma visione interiore di chi è intimamente consacrato al Divino. Per ora le vostre esperienze si limitano al piano mentale; è bene che sia così. Molti sadhaka non possono infatti progredire perché si aprono sul piano vitale prima che la mente e l'essere psichico siano pronti. Dopo un principio con qualche vera esperienza spirituale sul piano mentale, avviene una discesa prematura nel vitale, causa di molta 22 confusione e turbamento. Bisogna vigilare affinché questo non accada. Se l'anima vitale del desiderio si apre all'esperienza prima che la mente entri in contatto con le cose dello spirito, ne deriverebbero ancora più gravi conseguenze. Aspirate sempre a che la coscienza e le esperienze vere colmino la mente e l'essere psichico e li rendano preparati. In particolare aspirate alla tranquillità, alla pace, a una fede calma, ad un ampliarsi sempre crescente e persistente, ad una conoscenza sempre più grande, a una devozione intensa e profonda, ma tranquilla. Non permettete che l'ambiente e la sua opposizione vi disturbino. Sono condizioni spesso imposte all'inizio, come una specie di prova. Se riuscirete a mantenervi tranquillo e impassibile e a continuare la vostra sadhana senza permettere agli avvenimenti sgradevoli di turbarvi interiormente, otterrete col tempo la forza che vi sarà necessaria. Il cammino dello yoga è sempre irto di difficoltà interiori ed esteriori, e per fronteggiarle il sadhaka deve sviluppare una forza tranquilla, salda e incrollabile. Il progresso spirituale interiore dipende non tanto dalle condizioni esterne, quanto dal modo in cui interiormente reagiamo al loro contatto, tale è sempre stata la conclusione ultima dell'esperienza spirituale. Ecco perché insistiamo sulla necessità di assumere l'atteggiamento giusto e di perseverare nel mantenerlo, di raggiungere uno stato interiore indipendente dalle circostanze esterne, uno stato di equanimità e di calma, anche se non immediatamente di felicità interiore, sulla necessità di scendere sempre più nel profondo e di guardare dal di dentro verso l'esterno, invece di vivere nella mente superficiale, sempre in balia delle scosse e dei colpi della vita. Solamente vivendo in questo stato interiore si può divenire più forti della vita e delle forze perturbatrici e si può sperare di vincere. Restare intimamente tranquilli, fermi nella volontà di arrivare alla meta, senza lasciarsi turbare o scoraggiare dalle difficoltà e dalle incertezze, è una delle prime regole da imparare sul Cammino. Agire diversamente, equivale ad incoraggiare l'instabilità della coscienza, cioè difficoltà di mantenere l'esperienza di cui vi lamentate. Solo se intimamente vi manterrete calmo e risoluto, le linee dell'esperienza potranno esser seguite con una certa regolarità, 23 sebbene siano sempre soggette a periodi d'interruzione e d'instabilità; ma se si useranno in modo appropriato, potranno trasformarsi in periodi d'assimilazione e serviranno a spianare le difficoltà, invece d'essere negative per la vostra sadhana. Un'atmosfera spirituale è più importante delle condizioni esteriori; riuscire ad ottenerla, creando in tal modo anche la propria area spirituale, in cui vivere e respirare, è la vera condizione del progresso. Per divenire capace di ricevere il Potere divino e lasciarlo agire attraverso di voi sulle cose della vita esteriore, sono necessarie tre condizioni: 1) Tranquillità, equanimità, non lasciarsi turbare qualunque cosa accada, conservare una mente immobile e ferma che osservi il gioco delle forze senza perdere la sua tranquillità. 2) Una fede assoluta, la fede che ciò che è per il meglio accadrà, ma anche che se riusciste a divenire un vero strumento, il risultato sarà quello che la vostra volontà, guidata dalla Luce divina, riconoscerà come la cosa che dev'essere fatta, kartavyam karma. 3) Ricettività, la capacità di ricevere la Forza divina, di sentirne la presenza e in essa la presenza della Madre, permettendole di operare quale guida della vostra visione, della vostra volontà e della vostra azione. Se questo potere e questa presenza possono essere sentiti e questa plasticità divenire l'abitudine della coscienza nell'azione, ma plasticità solo alla Forza divina, senza permettere l'infiltrazione di nessun elemento estraneo, il risultato finale è sicuro. L'equanimità è di capitale importanza nel nostro yoga. È necessario mantenerla nel dolore e nella sofferenza, con ferma e serena sopportazione, senza agitarsi o turbarsi, senza essere depresso o scoraggiato, avanzando con fede incrollabile nella Volontà divina. Equanimità non significa però accettazione inerte. Se per esempio subite un momentaneo insuccesso in qualche tentativo nella sadhana, dovete mantenervi impassibile senza turbarvi o essere depresso; neppure dovete accettare l'insuccesso come un segno della Volontà divina per abbandonare il tentativo. Al contrario, è necessario scoprirne la causa e il senso ed avanzare pieno di fede verso la vittoria. È lo stesso per quanto riguarda le malattie; non 24 inquietatevi, non agitatevi, non accettate però le malattie come espressione della Volontà divina; consideratele invece un'imperfezione del corpo di cui dovete disfarvi così come cercate di liberarvi dalle imperfezioni vitali e dagli errori mentali. Senza equanimità, samata, non può esserci nessuno stabile fondamento nella sadhana. Per quanto spiacevoli siano le circostanze, per quanto sgradevole il comportamento degli altri, dovete imparare a ricevere tutto con perfetta serenità, senza reagire con inquietudine. Queste sono le prove dell'equanimità. È facile essere calmi e sereni quando tutto va bene e persone e avvenimenti sono gradevoli; quando avviene tutto l'opposto, la compiutezza della calma, della pace e dell'equanimità può essere messa alla prova, fortificata, resa perfetta. Quello che vi è accaduto è l'esempio delle condizioni in cui il Potere divino si sostituisce all'ego e dirige le azioni facendo della mente, della vita e del corpo il proprio strumento. Un silenzio ricettivo della mente, l'annullamento dell'ego mentale, la riduzione dell'essere mentale alla posizione di testimone, l'intimo contatto con il Potere divino e l'apertura dell'essere a quest'unico Influsso e a nessun altro, sono le condizioni richieste per divenire uno strumento del Divino, mosso da questo e solo da questo. Il silenzio mentale non è di per sé sufficiente per acquisire la coscienza supermentale; esistono molti stati, piani o livelli di coscienza tra la mente umana e la Supermente. Il silenzio apre la mente e il resto dell'essere a cose di più vasta portata, talvolta alla coscienza cosmica, talvolta all'esperienza del Sé silenzioso, a volte a quella della Presenza o del Potere divini, a volte infine a una coscienza superiore a quella della mente umana; il silenzio mentale rappresenta la condizione più favorevole perché avvenga una qualsiasi di queste esperienze. Nel nostro yoga è la migliore (anche se non la sola) per la discesa del Potere divino, dapprima sulla coscienza individuale, poi dentro di essa, in modo da operare la trasformazione, offrendole le necessarie esperienze, cambiando tutte le sue prospettive e i suoi movimenti, conducendola di stadio in stadio, finché sia preparata per l'ultima trasformazione: la trasformazione supermentale. 25 L'esperienza di un blocco solido che avete sentito indica la discesa di una forza e di una pace stabili nell'essere esteriore, soprattutto nel fisico vitale. È sempre questo il fondamento, la base sicura su cui tutto il resto (ananda, luce, conoscenza, bhakti) può successivamente scendere, sostenersi o agire con sicurezza. Nella precedente esperienza esisteva una sorta di torpore perché il movimento era rivolto verso l'interno; mentre ora la Yoga-Shakti si muove verso il di fuori, nella natura esteriore interamente consapevole, primo passo per stabilire lo yoga e le sue esperienze. Per questo manca quel senso di intorpidimento, che indicava che la coscienza tendeva a ritirarsi dalle zone esteriori. Non dimenticate mai che la prima condizione di una sadhana senza pericoli, è la tranquillità interiore ottenuta con la purificazione della mente e del vitale irrequieti. Ricordatevi inoltre che sentire la presenza della Madre durante l'attività esteriore comporta già un grande passo in avanti, che non sarebbe possibile senza un notevole progresso interiore. Il bisogno che avvertite così intensamente, ma che non riuscite a definire, è, probabilmente, la percezione viva e costante della Madre che opera in voi, che scende dall'alto e prende possesso dei diversi piani del vostro essere. Molte volte è la condizione che precede il duplice movimento d'ascesa e di discesa, che avverrà certamente a suo tempo. Può trascorrere molto tempo, prima che queste esperienze comincino a manifestarsi visibilmente, soprattutto se la mente è molto attiva e non abituata al silenzio.

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