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1. 13 Basi dello yoga Traduzione a cura di Radha 1. Calma, Pace, Equanimità È impossibile stabilire una base nello yoga se la mente è agitata. La quiete mentale è la prima condizione. Non il dissolversi della coscienza personale è lo scopo principale dello yoga, bensì l'apertura di questa coscienza ad una più alta vita spirituale, ed anche per questo una mente quieta è di fondamentale importanza. La prima cosa da farsi nella sadhana (La pratica dello yoga) è stabilire nella mente una pace e un silenzio durevoli. Altrimenti potrete avere esperienze, ma nulla sarà permanente. La vera coscienza può formarsi soltanto in una mente silenziosa. Avere la mente tranquilla non significa la mancanza assoluta di pensieri o di movimenti mentali; significa che essi rimarranno alla superficie e che sentirete il vostro vero essere interiore separato, che osserva senza lasciarsi coinvolgere, capace di sorvegliarli e di giudicarli, respingendo tutto ciò che deve essere respinto, accettando e mantenendo tutto ciò che è vera coscienza e vera esperienza. La passività mentale è positiva, ma badate di rimanere passivi soltanto alla Verità e al tocco della Shakti (La coscienza divina all'opera nella Materia) divina. Se subite passivamente le suggestioni e gli influssi della natura inferiore, sarete incapaci di progredire, o vi esporrete all'assalto di forze avverse che potranno condurvi lontano dal vero cammino dello yoga. Aspirate a che la Madre vi dia nella mente tranquillità e calma invariabili e il senso continuo dell'essere interiore in voi, intoccato dalla natura esteriore e rivolto verso la Luce e la Verità. Le forze che ostacolano la sadhana vengono dalla natura mentale, vitale e fisica inferiore. Dietro di esse si trovano i poteri avversi dei mondi mentale, vitale e fisico sottile. Si può lottare con successo contro le potenze ostili quando la mente e il cuore hanno assunto un unico orientamento e si sono concentrati in un'aspirazione esclusiva verso il Divino. 14 Il silenzio è sempre utile, ma per tranquillità mentale non intendo un silenzio completo. Intendo una mente libera da inquietudini e turbamenti, salda, disponibile e lieta, che possa aprirsi alla Forza che cambierà la natura. È importante evitare l'abitudine a lasciarsi invadere da pensieri importuni, falsi sentimenti, confusione d'idee, movimenti sbagliati. Tutto questo turba la natura, la rende oscura, e rende difficile il compito della Forza; quando la mente è tranquilla e in pace, la Forza può agire più facilmente. Dovrebbe essere possibile vedere, senza esserne sconvolti o depressi, le cose che in voi occorre cambiare: il cambiamento ne sarà facilitato. La differenza tra una mente vuota e una mente calma è questa: quando una mente è vuota non vi sono pensieri, concetti, nessuna specie di azione mentale, eccetto la percezione essenziale delle cose senza che intervenga la formazione di idee; nella mente calma, invece, la sostanza dell'essere mentale è immobile, tanto che nulla riesce a turbarla. Se si formano pensieri o attività, non sorgono dalla mente, ma vengono dall'esterno e l'attraversano come un volo di uccelli attraversa il cielo in un'aria immota. Passano senza nulla turbare, senza lasciare traccia. E se anche migliaia d'immagini o i più violenti avvenimenti attraversano la mente, la sua calma immobilità rimane, come se il tessuto stesso fosse fatto di una sostanza di eterna e indistruttibile pace. Una mente che abbia acquisito questa calma può cominciare ad agire anche con intensità e forza, mantenendo tuttavia la sua fondamentale immobilità, non creando niente di suo, ma dando una forma mentale a ciò che riceve dall'Alto, senza aggiungervi nulla, con calma e imparzialità, e tuttavia nella gioia della Verità, nella potenza e nella luce gioiose del suo passaggio. Non è indesiderabile per la mente divenire silenziosa, libera da pensieri ed immota, perché proprio quando entra nel silenzio si verifica più spesso la completa discesa d'una grande pace proveniente dall'Alto e, in questa sconfinata tranquillità, la realizzazione del Sé silenzioso al di sopra della mente, diffuso ovunque nella sua immensità. Però, quando la pace e il silenzio mentale siano stati ottenuti, la mente vitale tenta di precipitarsi ad occupare il posto vacante, oppure la mente meccanica, per lo stesso fine, tenta di sollevare la ridda dei consueti e volgari pensieri. Il sadhaka deve aver cura di respingere gli intrusi e d'imporre loro il 15 silenzio affinché, almeno durante la meditazione, la pace e la quiete della mente e del vitale siano complete. Il modo migliore per ottenere un tale risultato consiste nel mantenere una volontà forte e silenziosa. Questa volontà è quella del Purusha ( L'anima, il Sé cosciente che sostiene le operazioni della natura (Prakriti)) dietro la mente; quando essa è in pace, quand'è silenziosa, si può divenire coscienti del Purusha, anch'egli silenzioso, separato dalla azione della natura. È utilissimo, se non indispensabile, essere calmi, saldi, fermi nello spirito, dhîra sthira, mantenendo la quiete della mente e la separazione tra il Purusha interiore e la Prakriti esteriore. Finché l'essere resta soggetto al turbinio dei pensieri o al tumulto dei moti vitali, non si può essere calmi e stabili nello spirito. È indispensabile distaccarsi, ritirarsi da quelli, sentendoli separati da se stessi. Per scoprire la vera individualità e formarla nella natura sono necessarie due cose: prima di tutto essere coscienti del proprio essere psichico, situato dietro il cuore, poi la separazione del Purusha dalla Prakriti. Perché l'individuo reale è dietro, velato dalle attività della natura esteriore. Una grande ondata (o un mare) di calma, e la coscienza continua d'una sconfinata e luminosa Realtà, è precisamente il carattere della realizzazione fondamentale della Verità suprema quand'essa tocca, per la prima volta, la mente e l'anima. Non si potrebbe desiderare migliore inizio o fondamento migliore; è una roccia su cui può essere edificato il resto. Certamente non significa solo una Presenza, ma la Presenza, e sarebbe un grave errore indebolire l'esperienza non accettandola o insinuando qualche dubbio sulla sua natura. Non è necessario definirla e neppure si dovrà tentare di farsene un'immagine, perché la Presenza è di natura infinita. Tutto ciò che deve manifestare di se stessa o esteriorizzare lo farà inevitabilmente col proprio potere, purché ci sia un consenso continuo. È assolutamente vero che è una grazia che ci viene inviata, e l'unico modo di ricambiarla è l'accettazione piena di gratitudine e, rimanendo aperti al suo influsso, permettere al Potere che ha toccato la coscienza di sviluppare nell'essere ciò che dev'essere sviluppato. La trasformazione totale della natura non può avvenire in un attimo; richiede necessariamente molto tempo e procede per gradi; 16 l'esperienza attuale è soltanto un inizio, una base per una nuova coscienza in cui diverrà possibile la trasformazione. La spontaneità meccanica dell'esperienza basta a dimostrare che non è il prodotto della mente, della volontà o delle emozioni, ma che proviene da una Verità molto al di là di tutto ciò. Indubbiamente, il rifiuto dei dubbi implica il controllo sui propri pensieri. Per lo yoga, e non solo per lo voga, il controllo sui propri pensieri è tanto necessario quanto quello sulle passioni, sui desideri vitali e sui movimenti del proprio corpo. È impossibile divenire un essere mentale pienamente sviluppato se non si domina il pensiero, se non se ne è il testimone, il giudice, il padrone, il Purusha mentale, man"maya purusha, sakshî, anumanta, îshwara. Alla mente non conviene essere la palla da tennis dei pensieri sregolati e ribelli, più di quanto non le convenga essere un vascello senza timone nel mare tempestoso dei desideri e delle passioni o lo schiavo dell'inerzia o degli impulsi del corpo. So che per l'uomo è molto difficile perché, essendo prima di tutto una creatura della Prakriti mentale, si identifica ai moti della propria mente e non può dissociarsene subito e mettersi al riparo dai vortici e dai risucchi della tempesta mentale. Dominare il proprio corpo (almeno una parte dei suoi moti) gli riesce relativamente facile; meno facile, ma ancora possibile, acquisire dopo una certa lotta il dominio mentale degli impulsi e dei desideri vitali; ma sedersi al di sopra del turbine dei pensieri, come lo yogi tantrico in riva al fiume, non è altrettanto agevole. Nondimeno è possibile. Ogni uomo che abbia sviluppato una certa capacità mentale, che sia al di sopra della media, deve, in un modo o nell'altro, almeno in certi periodi e per speciali motivi, poter separare le due parti della mente: la parte attiva, che è una fabbrica di pensieri, dalla parte quieta, in piena padronanza di se stessa, ad un tempo Testimone e Volontà, che li osserva, li giudica, li respinge, li elimina, li accetta, impone correzioni e cambiamenti, il Signore nella Casa della Mente, capace di autopadronanza, samrajya. Lo yogi va ancora più lontano, non soltanto ne è il signore, ma anche quando è occupato con la mente, se ne separa, per così dire, situandosi al di sopra delle occupazioni mentali, libero e lontano. L'immagine dell'officina dei pensieri per lui non è più valida; perché vede che essi vengono dall'esterno, dalla Mente universale o dalla 17 Natura universale; a volte ben formati e distinti, a volte informi, assumono un'espressione da qualche parte in noi. L'occupazione principale della mente può essere sia un'accettazione, sia un rifiuto a queste onde di pensieri (come alle ondate del mondo vitale e a quelle dell'energia del fisico sottile); oppure, quella di foggiare in forma personale-mentale la sostanza dei pensieri (o dei moti vitali) con la Forza

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